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Immagine del redattoreAndrea Pozzetto

Sono una bottiglia di latte


Chi sono, io?

Sono un uomo che ama di una amore sempre a perdere.

Come una bottiglia di latte vengo svuotato, ogni volta, e resto da solo fuori dal cancello, al freddo, aspettando che qualcuno o qualcosa mi riempia ancora.

Attendo, inconsapevole del tempo, e benedico l'attimo in cui qualcuno mi prende in mano con l'intenzione di riempirmi, sapendo già che quella stessa persona mi svuoterà nuovamente fino all'ultima goccia, ma il mio destino è questo.

Essere riempito. Essere svuotato.

Eppure non posso che chiedere di essere bevuto, di essere dentro a qualcuno, che qualcuno mi capisca (etimologia latina) e mi comprenda davvero, senza per forza dover togliere nulla alla mia essenza.

Vorrei essere un profumo che riempie senza perdere nulla della sua forza. Vorrei essere, a volte, come la puzza di una scoreggia. Mi basterebbe ma evidentemente non mi merito neppure quello.


Sono stanco, sono sfiduciato.

A che giova svegliarsi ogni mattina se non c'è speranza da coltivare, se non c'è futuro da perseguire? Cui prodest?

Vorrei addormentarmi, sognare la felicità perduta e restare per sempre in quel sogno.

Sono stanco, sono sfiduciato. Non c'è speranza, in questa parte del mondo che nella mia piccola prospettiva riesco a vedere. Forse sono miope, forse ho la retina offuscata, forse sono cieco, ma non voglio più vedere perché non c'è nulla da vedere, nulla da cercare, nulla da sperare.

Pandora è mia sorella. Quando ha aperto il vaso me ne sono andato prima della fine, sopraffatto dalle disgrazie, cieco e sordo alla speranza. Non esiste speranza, come non esistono promesse.

Sono stanco. Davvero.

Datemi una ragione per non mollare tutto, una sola ma plausibile e non campata in aria. Non ditemi che andrà meglio, che sono trent'anni che me lo sento dire. Non ditemi che l'amore di cui ho bisogno arriverà, perché l'ho aspettato, l'ho accolto, l'ho coltivato ed è sempre morto. Ho il pollice nero con l'Amore così come ho il pollice verde con le piante. Devo amare le piante, non ho alternative, ma non ho più la forza neppure per coltivare il giardinaggio.

Sono stanco, sono triste, sono esausto, sono disperato.

Non ne posso più.

Basta, Signore! Davvero! Basta! Prenditela con qualcun altro, lasciami in pace, dimenticati di me, Dio Onnipotente. Non voglio essere tuo figlio, non voglio essere nulla.

Anzi, no. Voglio essere nulla, apatico e indifferente, insensibile e inconsapevole. Anestetizzami con la sostanza più potente che hai, fammi viaggiare per sempre in un limbo etereo e leggero dove volentieri galleggerò in eterno.

Fallo, Dio, se ci sei. Fallo. Oppure non esisti. 24 febbraio 2020

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