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Immagine del redattoreAndrea Pozzetto

Cane non mangia cane

Aggiornamento: 25 set 2020


 

Immaginatevi una scena del genere.

C'è una pantera in gabbia che si fa i cazzi suoi, lecca dalla sua ciotola dell'acqua, mangia a volte sì e a volte no, a volte poco a volte troppo, se ne sta per i cazzi suoi arrotolata in un angolo di quella gabbia.

Tutt'intorno alla gabbia un branco di cani e di cagne rognosi che abbaiano alla belva tra le sbarre perché hanno sentito dire che è pericolosa, hanno sentito che da quella belva, che avrà pure l'aspetto fiero e indomito ma che si comporta da micione domestico, fa le coccole e le fusa a chiunque si avvicini, è meglio stare alla larga. Qualcuno ha detto così, non guardiamo le ragioni per cui queste voci siano state messe in giro: magari è stata la iena, invidiosa della fierezza, dell'eleganza, della determinazione, dell'indomabilità della pantera, o forse lo sciacallo, il combina guai, che preferisce razziare prede altrui piuttosto che fare la fatica di cacciare le sue prede singole per i fatti propri. Preferisce di gran lunga, questo genere di sciacallo, pasteggiare con i cuccioli della pantera. Si sente forte, ma resta un viscido, codardo, fetente sciacallo.

Sempre di cànidi si parla e, si sa, cane non mangia cane.

Cagnara, letterale, ai massimi livelli. Cagnacci idrofobi e storpi, mezzi ciechi, mezzi sordi, con l'acondroplasia al contrario (normali nello scheletro e nella fisionomia ma scarsamente sviluppati nelle funzioni cerebrali) che non fanno altro che spulciarsi a vicenda e a litigare per ogni tozzo di pane che gli capita davanti latrano, ringhiano e abbaiano alla fiera fiera.

Ad un certo punto la pantera, stanca di sentire quel baccano, dà una zampata alla gabbia. Ruggisce, come solo una pantera sa fare, ed è improvvisamente buio, la luce si spegne e la pantera sparisce, diventa invisibile, quasi incorporea.

Tra i cani corre un brivido freddo e tagliente, un rasoio di ghiaccio: e se la pantera avesse aperto la gabbia?

Chi la vede, ora? Dove sarà? Chi azzannerà per primo, la pantera? Il vecchio cane che ci prova con tutte le cagne che gli capitano a tiro parlando approssimativamente di arte, politica e filosofia, oppure l'altro vecchio cane che fa finta di essere un gentiluomo d'altri tempi, ma che poi defeca camminando in quanto incontinente e spera che a procurare il pranzo sia la femmina a cui lui tenta goffamente di fare la corte? Oppure, ancora, attaccherà il giovane cagnaccio arrogante che si crede un lupo perché ha i capelli lunghi e proclama di essere dalla parte delle femmine del branco ma che è solo un meticcio deforme, già allontanato da altri branchi per la sua arroganza e la sua slealtà, abbandonato dalla sua compagna, scappata spaventata dalla tana comune dopo che per l'ennesima volta il frustrato aveva rabbiosamente tentato di azzannarla alla gola.

Forse si accanirà sulle femmine, invece, chissà. Dicono che la pantera sia molto, molto pericolosa per le femmine; dicono che si diverta a giocare con loro come il gatto gioca con il topo, smembrandole e divertendosi a vederle morire di crepacuore, di paura. Dati scientifici su questo fatto non ce ne sono affatto, che sia chiaro. Nessuno ha mai effettivamente conosciuto una femmina a cui la pantera abbia reciso la giugulare, squarciato il ventre con una zampata, rotto denti o articolazioni, offeso nervi radiali, ma tant'è.

La leggenda vuole che la pantera sia una belva feroce e incontrollabile, pericolosa, una bestia a cui fare attenzione, da cui stare alla larga, da isolare, se possibile da sopprimere, pur se, tengo a ripetere per maggior chiarezza, non ci siano dati cristallizzati per cui la belva abbia mai ammazzato o ferito, se non per difendere altri componenti del suo branco, qualsiasi altro animale. Ammazzato mai, comunque. Ruggito spesso, sbranato mai.

Ma dove sarà ora la pantera? E' buio, la pantera è nera, non si vede. Si sente solo il respiro ritmico del grosso felino e i cani ne sentono ognuno il calore del fiato sulla gola.

L'odore della paura. I cani lo riconoscono immediatamente, di solito quando lo sentono attaccano con ancora più veemenza, ma questa volta è diverso. L'odore della paura non è della preda: è il loro.

In pochi secondi si dileguano guaendo, con la coda tra le gambe, mentre ancora il respiro della belva pervade l'aria.

Poi la luce si riaccende. Intorno la gabbia tracce di pisciate dei pavidi cagnolini e null'altro.

Nella gabbia, la pantera respira lentamente stesa a zampe incrociate, con il muso appoggiato sulle zampe e gli occhi aperti. Sembra sognare. In effetti lo sta facendo.

Sogna un tempo passato in cui giocava con i suoi cuccioli. Sogna le corse e i pasti assieme alle sue creature. Sogna di averli stesi al fianco, durante il riposo, con le loro teste appoggiate sulla sua forte spalla. Sogna di avvolgerli con la possente zampa per proteggerli. Sogna di insegnar loro come va il mondo, cos'è il futuro.

Può solo sognare. I suoi cuccioli non sa neppure più dove siano e sa che, probabilmente, non li rivedrà mai più.

Dall'occhio destro di quella belva in gabbia, pericolosa, da cui è meglio stare alla larga, scende solo una lacrima, nulla di più. Semplicemente, le ha già piante tutte.


- 26 giugno 2020 - #pantera #cuccioli #canirabbiosi

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